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Sud Africa, Msf denuncia violenze su migranti e poveri

14/05/2010

10.23
DIRITTI
A un anno dal rapporto “No refugee, access denied”, niente è cambiato. Sgomberi, sfratti, soprusi della polizia e violenze xenofobe restano a livelli allarmanti secondo un documento dell’organizzazione umanitaria

ROMA – Condizioni disumane per migliaia di immigrati, rifugiati e profughi in Sud Africa. Lo denuncia un documento di Medici Senza Frontiere. L’organizzazione umanitaria non vede miglioramenti a un anno da un altro rapporto dal titolo “No Refugee, Access Denied”, in cui si lanciava l’allarme per la salute e la sorte delle persone vulnerabili, che nel paese africano accomunano i profughi con i poveri locali, i senza tetto e i baraccati. Violenze sessuali, molestie da parte della polizia, attacchi xenofobi e mancanza di accesso alla casa e alle cure di base. Di questo parla la testimonianza di Msf, che assiste i migranti a Johannesburg e nella cittadina di Musina, al al confine con lo Zimbabwe. A Musina, Msf ha riscontrato un preoccupante aumento del numero di violenze sessuali e di rapine perpetrate da gruppi armati attivi in entrambi i lati del confine a danno dei migranti che lo attraversano. I medici dell’Ong hanno registrato 103 casi di violenza sessuale nei primi quattro mesi dell’anno, 71 da marzo a oggi.

A Johannesburg, dove vengono seguiti in media 2300 pazienti al mese nella clinica di Msf, preoccupano una serie di patologie legate al sovraffollamento degli spazi abitativi e alle condizioni di vita estremamente precarie. “Mentre alcuni migranti trovano rifugio in una chiesa metodista nel centro della città, a migliaia continuano a vivere in edifici abbandonati in altre aree di Johannesburg, spesso senza luce, acqua e gas, con il rischio concreto di contrarre patologie come infezioni al tratto respiratorio, gastroenteriti, diarrea e infezioni cutanee” dice il rapporto. Nella chiesa metodista vivono fino a 2000 persone. Ma in città ci sono almeno altri mille edifici diroccati e fatiscenti occupati sia dai poveri delle campagne sia dagli immigrati. 45 di questi ghetti sono stati identificati dentro la città da Msf che stima vi abitino 30mila persone. Le stanze sono sovraffollate, senza luce né acqua, ne servizi igienici. Gli effetti sulla salute fisica e mentale di chi vive negli ‘slums’ sono devastanti. Nel rapporto si parla anche degli ‘slum lords’ i signori delle baracche che controllano gli insediamenti facendosi pagare un affitto che va dai 6 dollari al giorno ai 100 dollari al mese. Tra gli abitanti ci sono anche richiedenti asilo e migranti provenienti da Zimbabwe, Malawi, Mozambico e Tanzania.

“Tra settembre 2009 e Marzo 2010, Msf ha assistito ad almeno 4 sfratti di edifici in cui abitavano dalle 700 alle 1200 persone – si legge nel rapporto – tutti con lo stesso sistema: compagnie di sicurezza privata come la Red Ants e poliziotti mandati dal proprietario a sgomberare le persone con la violenza, usando bastoni e proiettili di gomma. Una volta fuori dagli stabili, alle persone è stato impedito di rientrare a prendere i propri beni, che sono stati lanciati fuori dalle finestre e molte persone hanno detto di avere subito furti degli effetti personali dalla polizia”. Contusi e feriti dopo queste operazioni di sgombero forzato sono stati curati dai medici dell’organizzazione umanitaria. “Nessun piano per la ricollocazione di questa gente è stato messo in atto e nemmeno proposto – scrive ancora Msf – giorni dopo gli sfratti, centinaia di persone, tra cui donne incinta, bambini e ammalati, giacevano a terra in mezzo alla città, senza alcuna assistenza”.
Un’altra denuncia riguarda le angherie della polizia che minacciano i migranti a Johannesburg. “Il 14 gennaio 2010 un raid congiunto della polizia sudafricana e di quella metropolitana di Johannesburg fuori dalla chiesa metodista ha portato all’arresto di 39 persone con l’accusa di vagabondaggio”. Dal 2008 è inoltre esplosa la violenza xenofoba contro i migranti da parte della popolazione locale, in una feroce guerra tra poveri. In uno di questi episodi di violenza, il22 novembre del 2009, 1600 profughi dello Zimbabwe, tra cui 187 bambini, sono stati mandati via con la forza dai residenti locali e le loro abitazioni distrutte. Una situazione che, ribadisce Msf a conclusione del rapporto, rimane inaccettabile. (rc)

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La favola dell’accoglienza che si può…Il volo

Doveva essere un cortometraggio, una sorta di “esperimento” di nove minuti, invece, come spesso capita con l’arte, i personaggi hanno preso per mano l’autore e l’hanno condotto in un “volo” di ventinove minuti lungo i percorsi tortuosi della propria storia.
L’autore in questo caso si chiama Wim Wenders e i personaggi hanno nomi come Rahmatullah, Mohammed o come Dimitrije, Abeba e Helen. Sono tutti quegli immigrati, rifugiati, profughi arrivati sulla costa ionica al termine di viaggi lunghissimi, duranti in alcuni casi anni, che hanno trovato a Riace, Badolato, Caulonia, una nuova casa. “Il volo” di Wenders racconta proprio questo, la favola dell’accoglienza, dell’integrazione che si può, nonostante a pochi chilometri da lì la cronaca ci abbia raccontato una realtà completamente diversa. Eppure, è dal 1997 che proprio lì curdi, iracheni, iraniani, afghani, africani fuggiti dalla propria patria sono stati integrati nella società civile, grazie alla lungimiranza delle amministrazioni locali, e hanno un lavoro ed un’abitazione laddove, un tempo, erano partite migliaia di persone a causa delle invasioni turche e, negli anni più recenti, i fenomeni migratori verso il nord Italia avevano provocato un forte impoverimento demografico ed economico. Un fatto di cronaca che è divenuto prima un racconto, quasi fiabesco nella fantasia di Eugenio Melloni, e poi un film in cui Salvatore Fiore interpreta l’ultimo bambino del villaggio e Ben Gazzarra e Nicola Zingaretti, rispettivamente il sindaco e il prefetto, gestiscono la folla di disperati appena sbarcati, che agli occhi del piccolo protagonista appaiono soltanto dei potenziali compagni di gioco.

“L’idea”, spiega Claudio Gabriele, produttore insieme alla Technos di Mauro Baldanza, alle Edizioni musicali Borgatti, alla Regione Calabria e alla Lilliwood, responsabili della stereoscopia,
“nasce da una sfida, quella di coniugare i film in 3D con l’autorialità, perché finora nessun autore si era mai cimentato con la stereoscopia. Questo tipo di film era riservato ”.
“Mauro Baldanza mi chiese se volevo partecipare alla riunione di un’associazione europea sulla stereoscopia e io, che conosco Wenders da “Al di là delle nuvole”, ho avuto la sfacciataggine di proporre a lui questo progetto”.
“La scelta del racconto di Melloni è stata casuale”, interviene Baldanza.
“Dopo l’incontro con Wenders – prosegue- lessi questa storia e mi piacque. Non c’è una ragione politica. È un racconto molto semplice che si basa su un ragionamento altrettanto semplice: della gente ha bisogno di case e ci sono delle case che hanno bisogno di gente. È una questione di logica. Basta fare 2+2”.
Al di là delle intenzioni iniziali, vicende simili hanno un potenziale di denuncia innato, tanto che, come sottolinea Gabriele, “all’improvviso è successo qualcosa di magico”.
Che cosa? “Incontrando i bambini, i rifugiati, siamo venuti in contatto con realtà devastanti. Una bella mattina, io e Wim avevamo appuntamento sul set, alle 7, per girare. Stavamo prendendo il caffè quando mi ha detto: ho fatto una rivoluzione. Io ho tremato perché sapevo che non avrei potuto dire di no, ma i soldi erano già finiti. Wim mi ha chiuso dentro il cinemobile, mi ha messo il suo computer sulle ginocchia e mi ha lasciato leggere quello che aveva scritto durante la sua notte insonne; una notte in cui racconta di essersi reso conto che, dopo aver parlato con alcuni bambini, il racconto del film era diventato per lui irrilevante rispetto a quelle esperienze vissute. Sento l’esigenza di cambiare rotta e di rendere centrale la realtà, disse”.
Il volo è diventato, così, una sorta di denuncia?
“Quella è una conseguenza”, prosegue Gabriele, “la cosa importante è l’onesta intellettuale di un uomo che ha capito che doveva raccontare attraverso le parole e le esperienze di queste persone, fuggite dai loro paesi d’origine per persecuzioni religiose, per le guerre, per la povertà. Ed ecco che il film è cambiato. Ed è cambiato in meglio”.
“Il volo”, visto l’argomento ha ricevuto anche il patrocinio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).
“Siamo convinti”, sottolinea Baldanza, “che quando vedranno l’opera saranno molto soddisfatti”.
“Siamo ora a qualche ora dalla fine, al taglio del nastro”, ricorda Claudio Gabriele.
Wenders è a Roma, con la sua squadra, ma non parla del lavoro non ancora finito. Fa capolino, saluta, un sorriso e se ne va. Quello che pensa lo mostreranno le sue inquadrature e del resto già lo ha detto, a Berlino, in occasione del ventesimo anniversario del crollo del muro: “la vera utopia
non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato in alcun paesi della Calabria”.

di Antonella Vicini per Altri http://www.altri.info/

Foto: gentile concessione della produzione.


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