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Elezioni in Iran, esplode la rabbia Moussavi chiede l’annullamento

E’ una bufera,un’esplosione di rabbia e di dissenso e una dura repressione,  il vero risultato delle decime elezioni presidenziali in Iran.

La riconferma del presidente Mohamoud Ahmadinejad alla guida della Repubblica islamica, sorprendente per la percentuale bulgara di voti, il 62,63%, pari a circa 24 milioni di persone, ha scatenato ieri a Teheran

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un’ondata di proteste che si è andata gonfiando nel corso di tutta la giornata.

Migliaia di giovani iraniani hanno sfilato nelle piazze e nella strade, inizialmente in modo pacifico, per manifestare contro l’esito delle urne che ha penalizzato in modo netto, e dubbio, il candidato dell’area riformista dato per favorito, Mir Hossein Moussavi, uscito dallo spoglio con il 33,75 % dei voti, circa 13 milioni su un totale di 39 milioni di elettori. Agli altri due, Mohsen Rezai e Mehdi Karroubi sono andate le briciole:  1,73%  a uno e lo  0.85 % all’altro.

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Dura la risposta delle forze dell’ordine che già dalla sera prima erano state allertate e sistemate a presidio  dei punti di possibile raduno. Per ordine del capo della Polizia, infatti, ogni assembramento era stato vietato nel corso delle ore successive alla chiusura delle urne; provvedimento confermato ieri dal  Mi

nistero dell’Interno che ha dato via libera a una repressione che ha causato decine di feriti. Chiuso anche il giornale di Karroubi.

Ieri, da Vanak Square fino a Valiasr Square, dal nord al centro della capitale, passando per la via principale, cariche delle forze dell’ordine hanno accolto le manifestazioni che dalla tarda mattinata fino alla sera si sono susseguite senza interruzione.

“Allah Akbar”,  “Meglio morire, piuttosto che essere umiliati” e “ Morte al regime che inganna” risuonavano per le strade;  gli stessi motti che trent’anni fa venivano intonati contro lo scia’.

I giovani hanno chiamato all’unita’ tutti gli altri iraniani, “Non abbiate paura; restiamo uniti”, scoperchiando un pentola tenuta per troppo tempo sotto pressione.

Il timore che la festosa onda verde che nei giorni precedenti al voto ha intasato Teheran si trasformi in un’ondata di protesta difficilmente gestibile ha spinto il governo alla repressione militaresca. In molti, qui, temono che la situazione degeneri.

Ieri mattina, prima che scoppiasse il caos, a Teheran si respirava un’atmosfera quasi irreale: mesta e raggelata. Una calma, preludio di quello che sarebbe accaduto poche ore dopo, aggravata dal silenzio delle comunicazioni telefoniche bloccate da quasi quarantotto ore. Ai brevi festeggiamenti dei sostenitori del presidente rieletto la sera prima, ha risposto l’amarezza di volti ancora increduli.

“Non e’ possibile! E matematicamente impossibile!” ripetevano alcuni: “Tutti i miei amici, gli amici degli amici, i miei familiari hanno votato per Moussavi. E ora?” facevano eco altri.

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“Dov’è il mio voto?” e’ la frase che ricorre anche sulla rete, attraverso network come Facebook che a differenza di altri siti, come quello della Bbc e o blog che pubblicano notizie su possibili brogli, ha funzionato per gran parte della giornata, pr

ima di subire lo stesso blocco degli altri.

Sulla community più utilizzata del momento, moltissimi giova

ni iraniani, nel Paese e all’estero, hanno postato video delle manifestazioni di ieri mattina, degli scontri con la polizia e messaggi di protesta contro le elezioni,  mettendo in dubbio con varie argomentazioni tutte le operazioni di voto.

“Where is my vote?”, “Liar, Liar”,  “Cheaters” gli status più diffusi.

Una delle ipotesi che sta prendendo piede tra la gente comune e’ che i conteggi siano stati falsati dal Ministero dell’Interno, che si sarebbe occupato direttamente dello spoglio delle schede. Ma si tratta di voci che rimbalzano senza tregua e difficilmente controllabili, in un momento in cui la delusione di molti rischia di trasformarsi in contro-propaganda. A confortare queste  accuse e’ stato, comunque, lo stesso candidato sconfittoche, ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa, ha lanciato un messaggio chiaro al popolo iraniano, infiDSC_0730dammando gli animi già carichi di rabbia.

Mir Hossein Moussavi, pare, dalle ultime frammentarie notizie, bloccato in casae assediato dalla polizia o da milizie paramilitari, si e’ rivolto al popolo iraniano: “so che hanno tradito il vostro voto”, ma “secondo  ciò che mi impone il mio ruolo e la mia religione, io non cederò”.

L’ex primo ministro, prima, e la moglie Zahra Rahnavard, poi, nelcorso di un’intervista telefonica alla Bbc Persian, hanno minacciato di svelare i meccanismi nascosti che hanno portato ai risultati elettorali.

Nessuno dubbio sulla regolarità delle  operazioni di voto, ne’ sullo spoglio elettorale, invece, sia per il Ministero dell’Interno, sia per la Guida Suprema Ali Khamanei che ha benedetto l’esito delle urne, proclamando Ahmadinejad “presidente di tutta la nazione” e invitando alla calma i sostenitori dei candidati sconfitti.

“La partecipazione di più dell’ottanta per cento degli iraniani al voto e i 24 milioni di preferenze sono motivo di festa e simbolo della volontàdi Dio. Tutto questo assicurerà il progresso e la sicurezza del Paese”.

Celebrazioni che però non si sono viste, sopraffatte dal suono dei clacson, da grida di protesta e dagli scontri nelle strade.

Antonella Vicini

(Il Tempo, 15/06/2009)

E’ una bufera, un’esplosione di rabbia e di dissenso e una dura repressione, il vero risultato delle decime elezioni presidenziali in Iran.

La riconferma del presidente Mohamoud Ahmadinejad alla guida della Repubblica islamica, sorprendente per la percentuale bulgara di voti, il 62,63%, pari a circa 24 milioni di persone, ha scatenato ieri a Teheran un’ondata di proteste che si è andata gonfiando nel corso di tutta la giornata.

Migliaia di giovani iraniani hanno sfilato nelle piazze e nella strade, inizialmente in modo pacifico, per manifestare contro l’esito delle urne che ha penalizzato in modo netto, e dubbio, il candidato dell’area riformista dato per favorito, Mir Hossein Moussavi, uscito dallo spoglio con il 33,75 % dei voti, circa 13 milioni su un totale di 39 milioni di elettori. Agli altri due, Mohsen Rezai e Mehdi Karroubi sono andate le briciole: 1,73% a uno e lo 0.85 % all’altro.

Dura la risposta delle forze dell’ordine che già dalla sera prima erano state allertate e sistemate a presidio dei punti di possibile raduno. Per ordine del capo della Polizia, infatti, ogni assembramento era stato vietato nel corso delle ore successive alla chiusura delle urne; provvedimento confermato ieri dal Ministero dell’Interno che ha dato via libera a una repressione che ha causato decine di feriti. Chiuso anche il giornale di Karroubi.

Ieri, da Vanak Square fino a Valiasr Square, dal nord al centro della capitale, passando per la via principale, cariche delle forze dell’ordine hanno accolto le manifestazioni che dalla tarda mattinata fino alla sera si sono susseguite senza interruzione.

“Allah Akbar”, “Meglio morire, piuttosto che essere umiliati” e “ Morte al regime che inganna” risuonavano per le strade; gli stessi motti che trent’anni fa venivano intonati contro lo scia’.

I giovani hanno chiamato all’unita’ tutti gli altri iraniani, “Non abbiate paura; restiamo uniti”, scoperchiando un pentola tenuta per troppo tempo sotto pressione.

Il timore che la festosa onda verde che nei giorni precedenti al voto ha intasato Teheran si trasformi in un’ondata di protesta difficilmente gestibile ha spinto il governo alla repressione militaresca. In molti, qui, temono che la situazione degeneri.

Ieri mattina, prima che scoppiasse il caos, a Teheran si respirava un’atmosfera quasi irreale: mesta e raggelata. Una calma, preludio di quello che sarebbe accaduto poche ore dopo, aggravata dal silenzio delle comunicazioni telefoniche bloccate da quasi quarantotto ore. Ai brevi festeggiamenti dei sostenitori del presidente rieletto la sera prima, ha risposto l’amarezza di volti ancora increduli.

“Non e’ possibile! E’ matematicamente impossibile!” ripetevano alcuni: “Tutti i miei amici, gli amici degli amici, i miei familiari hanno votato per Moussavi. E ora?” facevano eco altri.

“Dov’è il mio voto?” e’ la frase che ricorre anche sulla rete, attraverso network come Facebook che a differenza di altri siti, come quello della Bbc e o blog che pubblicano notizie su possibili brogli, ha funzionato per gran parte della giornata, prima di subire lo stesso blocco degli altri.

Sulla community più utilizzata del momento, moltissimi giovani iraniani, nel Paese e all’estero, hanno postato video delle manifestazioni di ieri mattina, degli scontri con la polizia e messaggi di protesta contro le elezioni, mettendo in dubbio con varie argomentazioni tutte le operazioni di voto.

“Where is my vote?”, “Liar, Liar”, “Cheaters” gli status più diffusi.

Una delle ipotesi che sta prendendo piede tra la gente comune e’ che i conteggi siano stati falsati dal Ministero dell’Interno, che si sarebbe occupato direttamente dello spoglio delle schede. Ma si tratta di voci che rimbalzano senza tregua e difficilmente controllabili, in un momento in cui la delusione di molti rischia di trasformarsi in contro-propaganda. A confortare queste accuse e’ stato, comunque, lo stesso candidato sconfitto che, ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa, ha lanciato un messaggio chiaro al popolo iraniano, infiammando gli animi già carichi di rabbia.

Mir Hossein Moussavi, pare, dalle ultime frammentarie notizie, bloccato in casa e assediato dalla polizia o da milizie paramilitari, si e’ rivolto al popolo iraniano: “so che hanno tradito il vostro voto”, ma “secondo ciò che mi impone il mio ruolo e la mia religione, io non cederò”.

L’ex primo ministro, prima, e la moglie Zahra Rahnavard, poi, nel corso di un’intervista telefonica alla Bbc Persian, hanno minacciato di svelare i meccanismi nascosti che hanno portato ai risultati elettorali.

Nessuno dubbio sulla regolarità delle operazioni di voto, ne’ sullo spoglio elettorale, invece, sia per il Ministero dell’Interno, sia per la Guida Suprema Ali Khamanei che ha benedetto l’esito delle urne, proclamando Ahmadinejad “presidente di tutta la nazione” e invitando alla calma i sostenitori dei candidati sconfitti.

“La partecipazione di più dell’ottanta per cento degli iraniani al voto e i 24 milioni di preferenze sono motivo di festa e simbolo della volontà di Dio. Tutto questo assicurerà il progresso e la sicurezza del Paese”.

Celebrazioni che però non si sono viste, sopraffatte dal suono dei clacson, da grida di protesta e dagli scontri nelle strade.

12 giugno 2009: La sfida di Teheran

C’è chi lo ha definito Super Friday, guardando al Super Tuesday statunitense. È indubbio cheDSC_0032 il venerdì elettorale in Iran, il decimo dalla nascita della Repubblica islamica, abbia portato con sè qualcosa di grande. A partire dai numeri. Più di quarantasei milioni gli iraniani con dirtto di voto; quasi quarantaseimila le urne elettorali in tutto il Paese, un’affluenza che, stando al Ministero dell’Interno, ha superato il 70 per cento. Dalla mattina alle 8, ieri, fuori dai seggi, costituti da scuole, moschee, banche e postazioni mobili, si sono formate lunghe file che hanno costretto il Comitato speciale per le elezioni a rimandare di volta in volta la chiusura delle urne. Tra i primi a votare i quattro candidati: il presidente in carica Mahmoud Ahmadinejad; l’ex primo ministro, Mir-Hossein Moussavi, accompagnato dalla immancabile moglie con cui si è presentato mano nella mano; l’ex speaker del Majlis Mehdi Karroubi e il segretario del Consiglio degli esperti, capo storico dei Guardiani della Rivoluzione, Mohsen Rezaei. Insieme a loro, il presidente del Parlamento e la Guida Suprema Ali Khamanei, il quale ha lanciato un appello alla partecipazione, chiedendo di votare la persona «migliore e più competente». «Chiamo tutta la popolazione iraniana a esercitare il diritto di voto e a giocare il loro ruolo determinante nella scelta della più alta carica politica del Paese», ha sottolineato l’ayatollah Khamanei, evitando quella presa di posizione che gli era stata chiesta, invece, da Hashemi Rafsanjani. Nei giorni precedenti al voto sui telefonini cellulari erano circolati sms che raccomandavano ai sostenitori di Moussavi di non recare con sé nessun segnale distintivo, come nastrini verdi, spillette e simili, che potessero far intuire le loro intenzioni di voto. Alcuni messaggi consigliavano anche di portare una penna per il timore che quelle fornite ai seggi fossero cancellabili. Una serie di accorgimenti al fine di evitare i brogli che, nelle precedenti elezioni, potrebbero aver aiutato il presidente in carica ad ottenere la poltrona che ora cerca di difendere. Da ieri mattina, però, le linee telefoniche quasi bloccate hanno impedito ulteriori comunicazioni. Secondo alcDSC_0642uni si tratterebbe di una precisa strategia governativa per frenare nuovi tam tam su cui il Ministero delle Telecomunicazioni ha annunciato che verrà fatta chiarezza. Gli sms hanno rappresentato, in queste settimane, una forma di comunicazione al di fuori dei canali ufficiali molto intensa e difficilmente controllabile con cui i sostenitori di Moussavi, e non solo, hanno monitorato le affermazioni di Ahmadinejad e si sono dati appuntamento nelle principali piazze della città. Anche ieri sera avevano in programma di riunirsi sotto il Ministero dell’Interno, ma la pioggia e i controlli di polizia intensificati non hanno facilitato i loro progetti. Agli allarmi su eventuali brogli, ha fatto eco nei giorni scorsi il Comitato speciale per elezioni, assicurando che tutto si sarebbe svolto sotto gli occhi di osservatori imparziali, grazie anche alla presenza di rappresentanti esterni, uno per ogni candidato, in 368 seggi. Nel corso di un’intervista, però, Moussavi ha denunciato che ad alcuni suoi rappresentati è stato impedito di fare ingresso nei seggi. Poco prima, dal quartier generale dello stesso candidato e da quello di Karroubi era giunta la notizia della fine delle schede elettorali, ancor prima che finissero le operazioni di voto, in alcune località fuori Teheran e nel sud della capitale, a Shahre Rey. Per votare in Iran basta presentarsi ad uno dei tanti seggi distribuiti un po’ ovunque nelle città e registarsi lasciando la propria impronta digitale. Non esistono cabine elettorali chiuse. Il voto è un momento comunitario, a partire dalle file – una per gli uomini e una per le donne – durante le quali gli elettori continuano a scambiarsi le impressioni dell’ultimo minuto, fino all’atto del voto che avviene nella stessa stanza in cui si è ritirata la scheda, poggiati su un tavolo insieme ad altri elettori e scambiandosi le penne all’occorrenza. In questo contesto un controllo capillare delle operazioni di voto sembra difficile. I risultati dovrebbero arrivare già nella serata di oggi, ventiquattro ore dopo la chiusura dei seggi. Ma già ieri sera c’è stata la corsa alla proclamazione: a seggi ancora aperti Moussavi dichiarava d’aver ottenuto il 65% dei voti, mentre l’agenzia di stampa ufficiale Irna annunciava la vincita di Ahmadinejad. A notte inoltrata la commissione elettorale iraniana ha affermato che, con quasi la metà delle schede scrutinate, il presidente Ahmadinejad risultava vincitore nelle elezioni presidenziali con circa due terzi dei voti. Un distacco spiegato, in quel momento dagli osservatori esteri, con il fatto che a essere scrutinate per prime fossero le schede di collegi in aree rurali, dove l’attuale capo dello stato Ahmadinejad è considerato più forte di Mousavi. Questi, a metà dello spoglio, era accreditato del 30% dei voti. Un risultato immediatamente contestato. Nella centrale Piazza Fatimi si sono subito registrati i primi tafferugli tra la polizia e i sostenitori di Moussavi.

di Antonella Vicini

segnali segreti fuori le urne..sud di Teheran

segnali segreti fuori le urne..sud di Teheran

(Il Tempo, 13/06/2009)

9 giugno 2009… – 3 al voto

DSC_0460Finiti i confronti televisivi, in Iran le ultime parole di questa campagna elettorale sono rimaste alle piazza e alle citta’ di provincia, battute a tappeto dagli avversari di Ahmadinejad.

Mousavi e la moglie Zahra hanno raggiunto il Lorestan, nel nord ovest, supportati dall’ex presidente Khatami ad Isfahan, mentre il conservatore Mohsen Rezai si e’ spostato da Ahvaz, in Khuzestan, a Shiraz.

Le regole elettorali impongono che da oggi cali il silenzio su questa accesa competizione, fino alla chiusura delle urne. Stessa regola per i media a cui gia’ da alcuni giorni e’ stato proibito di fare propaganda pro o contro i candidati, mentre ieri il Consiglio dei Guardiani ha fatto appello agli osservatori elettorali di restare neutrali. Accorgimenti che non sono riusciti a mettere a tacere le voci di dissenso nei confronti dell’attuale presidente, soprattutto da parte dei giovani sostenitori di Mir Hossein Moussavi, in giro per il centro della capitale fino a notte fonda affollano, addobbati di verde e urlanti “Ahmadi Bye Bye” o “Morte al governo che inganna il popolo”. Anche ieri, la città e’ rimasta bloccata, dal vecchio aeroporto Meharabad fino a Azadi Square e Enghelab Square, luoghi simbolo della Rivoluzione islamica.

Ma non c’e aggressivita’ negli atteggiamenti di chi scende in piazza a Teheran,  piuttosto voglia di sfogare il malcontento trattenuto in questi quattro anni, in un momento in cui alla polizia o ai gruppi paramilitari e’ stato chiesto di lasciare la briglia piu’ sciolta. Incidenti, invece, potrebbero essere avvenuti a Shiraz, ma, come spesso accade in Iran, e’ difficile avere notizie certe.

La rivalita’, che nelle strade ha assunto una forma quasi carnevalesca, ha un significato ben piu’ serio tra le alte sfere e tra gli stessi i contendenti.

Le pesanti accuse di Ahmadinejad dei giorni scorsi hanno spinto, infatti, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani (ex presidente dal 1989 al 1997 e attualmente a capo del Consiglio per i pareri di Conformita’, che dirime le controversie tra Parlamento e Consiglio dei Guardiani, e membro del Consiglio degli Esperti, nonche’ uno degli uomini piu’ ricchi in Iran) a scrivere, martedi, una lettera aperta all’ayatollah Ali Khamanei, chiedendogli di esprimerDSC_0434dsi in merito al quadro politico attuale, prima del voto.

Rasfanjani, che insieme a Mohammad Khatami appoggia Moussavi, ha definito le affermazioni del presidente in carica “infondate e irresponsabili”, richiamando alla memoria gli stessi atteggiamenti dei gruppi  anti-rivoluzionari tra il 1978 e il 1979.

La scelta di tirare in ballo Khamanei rappresenta un gesto dal valore politico piuttosto chiaro se si considera che il leader iraniano e’ uno degli sponsor, forse non troppo convinto, di Ahamdinejad e che queste elezioni vanno interpretate  anche come una lotta per la spartizione del potere fra due personaggi storici nella Repubblica islamica, ai vertici del Paese sin dai tempi di Khomeini, e cioe’ proprio Ali Khamanei e Hashemi Rasfanjani.

Ma il timore della perdita di sostegno da parte della Guida Suprema non ha convinto Ahmadinejad a moderare i toni, al punto che ieri, nel corso dell’ultimo discorso pubblico all’universita’ Sharif di Teheran, ha alzato nuovamente il tiroDSC_0426d.

“Nessuno ha il diritto di insultare il presidente e loro lo hanno fatto. Questo e’ un crimine e la punizione dovrebbe essere la prigione”, ha dichiarato, senza mezzi termini, in merito alle smentite dei suoi dati relativi all’economia che gli sono fruttate non poche critiche dagli avversari e una serie di caricature per le strade che lo ritraggono come un Pinocchio che non sa far di conto.

di Antonella Vicini (Il Tempo 10/06/2009)

Uno sguardo sull’Iran…articoli scritti da Teheran: La voglia di cambiare

DSC_01277 giugno 2009… – 5 alle presidenziali…

Mancano pochi giorni all’apertura delle urne per l’elezione del presidente in Iran, il prossimo 12 giugno, e le intenzioni di voto della popolazione appaiono piuttosto chiare.  A vedere i poster elettorali, le foto dei candidati che le persone attaccano sulle proprie automobili o portano appese al collo, le piccole manifestazioni piu o meno spontanee che affollano le già trafficatissime strade di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad e Mir-Hossein Mousavi saranno i due contendenti finali. Salvo sorprese che le elezioni iraniane hanno gia’ riservato in passato. Per gli altri due aspiranti alla guida dell’esecutivo, il conservatore Mohsen Rezaii e il riformista Mehdi Karroubi sembra, sembra invece essere rimasto ben poco spazio, a parte quello che e’ stato assegnato loro dal Consiglio dei Guardiani in dibattiti televisivi che, dal 2 giugno, catalizzano l’attenzione degli iraniani.

E’ proprio questa la vera novita’ di questo voto che per la prima volta vede i candidati confrontarsi in duelli tv, trasmessi in diretta, che hanno avuto il potere di accendere i toni del confronto e gli animi degli elettori, grazie soprattutto alle accuse di corruzione lanciate negli ultimi due appuntamenti da Ahmadinejad contro l’ex presidente Hashemi Rasfanjani, personaggio controverso, quanto popolare in Iran, che sostiene il riformista Mousavi. Una polemica che si dirige contro una parte dell’establishment e non risparmia il clero e si rivolge anche a  Zahra Rahnavard, moglie del candidato azero e ex preside dell’Università dell’arte di Teheran, tacciandola di non essere in regola con gli studi dichiarati.

Non si era mai visto in Iran qualcosa del genere, cosi’  come mancava da tempo, almeno dalle elezioni di Khatami nel 1997, uDSC_0189n tale coinvolgimento della popolazione anche se, non va dimenticato,  questa volta, il candidato riformista numero uno, primo ministro durante la guerra contro l’Iraq, manca del sostegno degli strati sociali più bassi  e degli iraniani che vivono nelle cittadine e nei villaggi, dove Ahmadinejad sembra essere invece più forte. I giovani, le donne e in generale coloro che hanno un reddito e un’istruzione superiore, appartenenti alle classi medio-alte di Teheran, sono con Mousavi;  sugli altri fanno certamente presa i messaggi diretti e inclini al populismo del presidente in carica.

È anche per questo che, sabato sera, durante il dibattito con Karroubi, Ahmadinejad ha sfoderato una serie di grafici per sottolineare la buona politica del governo in tema di economia e inflazione, prontamente smentita la sera succesiva, con grafici altrettanto eloquenti, dall’avversario più temuto, durante un altro faccia a faccia che ha visto ancora una volta Karroubi spettatore quasi  anomino di un duello ormai a due. Tanto più che se si andrà al ballottaggio, l’ex presidente del Majlis (il Parlamento iraniano ) sosterrà Mousavi.

I temi economici e la politica DSC_0107internazionale sono i due punti cardine di questa campagna infuocata e lo sono stati fino a che l’attuale presidente non ha virato sul tema della corruzione, tentando di distrarre la platea elettorale, sempre piuttosto attenta a ciò che si dice.

I comizi di piazza sono la cartina tornasole del coinvolgimento  della società iraniana in questo momento politico. Ieri, per il discorso pubblico di Ahmadinejad alla moschea di Mosala, la più grande di Teheran, migliaia di persone si sono radunate nelle strade antistanti il luogo di culto. Molti uomini e ragazzi, che a sentire alcuni iraniani hanno tutto l’aspetto dei basiji o sepah (gruppi paramilitari), donne di tutte le età con il tradizionale chador nero e bambini, coinvolti nelle manifestazioni politiche con la stessa naturalezza con cui in Italia si portano i bimbi al parco, sono arrivati in auto, taxi, motorino e autobus addobati per l’occasione con l’effige del loro leader. Dai finestrini sventolava la bandiera iraniana (presa a simbolo da chi vuole riconfermare l’attuale presidente alla guida del Paese), urlando slogan a favore di Ahmadinejad e contro Mousavi. Sono in molti, tra la gente comune, a pensare che questa affluenza non sia spontanea, ma sia frutto di un’organizzazione capillare del Governo e di qualche touman regalato facilmente.  Anche se ieri, il numero dei partecipanti al comizio era davvero elevato.

Meno dubbi per quanto riguarda i sostenitori del candidato riformista. Da molti giorni si riuniscono nelle principali piazze del centro-nord di Teheran, le zone meno popolari, per esprimere la propria voglia di cambiamento. E’ questa la parola che piu’ di tutte risuona di bocca in bocca, dal giovane tassista al proprietario di un negozio di ricambi auto, fino all’ interior design che dice di amare l’Italia.

Le donne, che ammirano Zahra Rahnavard, paragonata già a Michelle Obama per il ruolo che sta giocando nella campagna elettorale del marito, e i giovani che guardano all’Occidente affollano le strade,  sfoggiando vessilli  verdi, simbolo del sostegno a Mousavi:  nastri legati al polso, fascette sulla fronte, ma anche roosari sDSC_0207ul capo e mantoo verdi per le ragazze o maglie verdi per gli uomini, sventolati come fossero bandiere.

Hanno manifestato anche ieri a Teheran, bloccando il traffico da nord a sud, con una catena umana partita dalla stazione di Tajrish Square fino a Rah Ahan Square, proprio mentre a Mosala Ahmadinejad teneva il  suo discorso.

Sicuramente, cio’ che accumuna entrambi, è la voglia di cogliere l’occasione che questo evento politico sta dando ai giovani soprattutto, cioè quella di esprimersi, urlare, girare in auto con i clacson  impazziti e riunirsi fino a tardi nel Parco Mellat, senza le limitazioni di sempre.

di Antonella Vicini

(Il Tempo 10/06/209))


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